Keith Haring nacque il 4 maggio 1958 a Reading, in Pennsylvania,Morto New York 1990 è un pittore e writer.
Furono proprio i personaggi dei fumetti come quelli di Walt Disney e di Dr. Seuss a esercitare su di lui un’influenza duratura.
Nel 1977, poi, entrò a contatto con un artista che gli suscitò una grande emozione, e la «nuova spinta e confidenza» necessaria per assecondare la propria vocazione: si trattava di Pierre Alechinsky, in quell’anno protagonista di una mostra al museo d’arte di Pittsburgh. Giusto un anno dopo Haring, forte delle conoscenze estremamente variegate raggiunte nel campo dell’arte, organizzò la sua prima mostra personale, riscuotendo un grande successo. Nel 1979 strinse amicizia con un artista emergente di Brooklyn: Jean-Michel Basquiat, col quale rimase amico fino alla morte di quest’ultimo avvenuta due anni prima della sua.
Intanto da Pittsburgh si trasferì a New York, alla ricerca di nuove sfide e di artisti con idee e interessi affini; fu proprio in questo periodo, in questo periodo si legò di molta amicizia con Kenny Scharf e realizzò diverse opere, fondendo le influenze esercitate dal poster Truisms di Jenny Holzer con la tecnica di William S. Burroughs e Brion Gysin. A New York il giovane pittore si divideva tra un’intensa attività di studio e gli svaghi concessi da una grande città: Haring, in particolare, frequentò assiduamente il Club 57, rendez-vous assai popolare tra gli artisti, gli attori e i musicisti di Manhattan.
Nel frattempo, nel giugno 1980 Haring venne invitato a partecipare al Times Square Show, la prima mostra artistica dedicata all’arte underground statunitense; qui egli ebbe l’opportunità di confrontarsi e stringere amicizia con i più significativi esponenti della street art, tra cui Lee Quinones, Fab Five Freddy e Futura 2000. Haring subì indubbiamente il fascino e l’influsso di questi ultimi, e non nascose affatto il proprio ardente entusiasmo per il graffitismo, tema sul quale ritornò in una mostra allestita nel 1981 al Mudd Clubb che riscosse un notevole successo.
Malato,l’ultima opera pubblica che eseguì fu Tuttomondo, sulla parete esterna del convento di Sant’Antonio a Pisa; si tratta dell’ultimo inno alla vita di Haring, e di uno dei «progetti più importanti che abbia mai fatto».
Nonostante la sua morte prematura, l’immaginario di Haring è diventato un linguaggio visuale universalmente riconosciuto del XX secolo. Le sue opere fanno ricorso a uno stile immediato e festivo e sono popolate da personaggi stilizzati e bidimensionali, quali bambini, cani, angeli, mostri, televisori, computer, figure di cartoon e piramidi; iconico, in tal senso, è l’utilizzo di colori molto vividi e accattivanti che ricordano quelli usati dalla grafica pubblicitaria, l’adozione di una spessa linea di contorno ridotta all’essenziale che circoscrive le anzidette figure. La sua iconografia apparentemente infantile veicola messaggi semplici, chiari e immediatamente intellegibili che riguardano diversi temi scottanti della sua epoca, quali il capitalismo, il razzismo, l’ingiustizia sociale, l’apartheid, il riarmo nucleare, la droga e l’AIDS, non mancando di affrontare anche argomenti come l’amore, la felicità, la gioia e il sesso.